Perché ho ricominciato a correre #CorriRunDays

Correre non è solo fare attività fisica.
Concentrarsi sul proprio respiro, sull’aria che prima riempie i polmoni e che poi se ne esce portandosi via i pensieri che volano come farfalle nello stomaco, sul rumore dei passi sulla terra, sull’ascolto del proprio corpo, sulla sensazione dei muscoli che da pesanti diventano leggeri, sulla mente che si svuota lentamente come una spugna che lascia andare l’acqua.

Correre è la miglior terapia contro l’ansia, fidatevi, ne so qualcosa!

Correre è come un cerotto che regala una sensazione di benessere a rilascio prolungato.
Quando ho detto al mio medico che cominciavo a sentirmi un po’ giù di corda e che avevo paura che l’ansia e la depressione diventassero di nuovo mie dirimpettaie lui mi ha risposto con un secco: “esci, fai un lungo respiro e comincia a correre! Hai bisogno di produrre endorfine e di esserne dipendente. Meglio le endorfine degli ansiolitici, non credi?”.

Aveva ragione.

Io che sono pantofolaia inside, ho cominciato a correre solo per sentire le endorfine massaggiarmi l’umore e creare un circolo virtuoso che mi spinga a mettere le scarpe da running, uscire, correre, respirare, dimenticare, sorridere.

Così ho ricominciato a correre.

Dopo due settimane di allenamento in cui ho cominciato prima con la marcia sportiva e poi con le ripetute, mi è arrivata una proposta: partecipare a una 5km non competitiva, una delle #RunDays di Decathlon.

Ci ho pensato su. Non ero convinta.

Non potevo farcela, non ero allenata abbastanza, non avevo il fiato necessario ad affrontare cinquemila metri di corsa, avevo paura che se non ce l’avessi fatta mi sarei demotivata e non avrei più corso con tutte le conseguenze del caso.

Sulla carta, insomma, avrei dovuto dire di no.

Alla fine, d’impulso, ho detto di sì.

Il programma di allenamento prevedeva delle sessioni apposite e prometteva (se seguito scrupolosamente, di farmi riuscire a correre la mia prima 5 km.

Ho scaricato l’app Decatcoach di Decathlon, ho chiuso in un cassetto le mie paure di non farcela e mi sono detta che, avendo un altro obiettivo avrei corso con più rabbia sportiva, avrei affrontato la sfida con determinazione.

L’ho fatto.

Mi sono preparata, ho seguito scrupolosamente il programma per un mese e ogni volta che stavo per cedere, che i non potrai mai farcela coprivano la voce del coach (che invece mi faceva i complimenti per i progressi) mi dicevo che quel traguardo era troppo importante e significativo per mollare.

Non era importante il tempo in cui avrei percorso il tragitto ma il mio traguardo personale sarebbe stato quello di non aver mollato. Fino alla fine.

La notte prima della corsa è stata la mia notte prima degli esami: ansia da prestazione e paura facevano a cazzotti con la voglia di dimostrare a me stessa che avrei potuto farcela senza se e senza ma!

Sono arrivati i #RunDays e ho cominciato a correre.

Ho corso quei cinque chilometri con tutta la forza e il fiato che avevo e a ogni passo sentivo i muscoli e i pensieri sciogliersi sempre di più.

Eravamo più di cento ma c’ero solo io, il rumore delle scarpe sull’asfalto umido e quel traguardo che mi aspettava come il gatto aspetta le fusa.

E ce l’ho fatta!

Ce l’ho fatta per me, per la mia autostima e per le mie endorfine.

E ora sì, posso dirlo, ho ricominciato a correre con costanza ed equilibrio (psicologico).

Continuo a usare l’app Decatcoach con cui misuro i progressi, mi esalto per pochi metri in più o per qualche secondo guadagnato sull’andatura e con la quale impreco ogni volta che mi dice di accelerare.

Insomma, ciao, mi chiamo Serena e (ora) sono una runner.

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