E poi a trentanni ne capisci il valore

trentanni

Trentanni.
Non venti e neanche diciannove come dicono quelli più dotati di senso dell’humor.
Il silenzio ti abbraccia, ti senti galleggiare su una zattera che non ha remi né approdi vicini. E i pensieri e le paure più profonde vengono a galla come le bollicine nell’acqua gassata. Tutti insieme e senza legami logici. Neanche chimici.
Di notte, quando tutto si ferma a guardarti per essere guardato.
Solo dieci anni prima non avevi paura, non avevi paure.
Solo dieci anni prima hai sbeffeggiato la morte, con un’arroganza e un coraggio che… ma poi si tratta veramente di coraggio o di incoscienza?
Incoscienza di quello che hai, di quanto sia prezioso e di cosa significherebbe perderlo. Cose che davi per scontate. I momenti, i sorrisi, i profumi.
Quell’incoscienza la guardavi negli occhi, ogni giorno. I tuoi occhi, quelli riflessi nello specchio.
Quell’incoscienza che non ti permetteva di renderti conto del fatto che pesare 41kg non era salutare. E non era neanche una buona idea quella di vomitare tutto quello che di commestibile avevi ingerito.
Poi, a trentanni, cominci a fermare i momenti con uno schiaffo emozionale sulla mente, cominci a pesare i sentimenti e a (ri)conoscere l’ipocondria che ti si presenta davanti.
E la paura cambia forma. Ne assume una più concreta che fa ombra sulla tua tranquillità
Trentanni e non vivi più. Non come vorresti. Non sentendo ogni emozione che ti attraversa ma avendo paura di quel vuoto che lascerà una volta passata.
Vivi avvolto in una bolla di ansia, impaurita dal silenzio ma alla ricerca di pace.
Vivi pensando di voler vivere ogni giorno come fosse l’ultimo ma consapevole che si tratti solo di una canzone. Perché in realtà vorresti vivere ogni giorno con tranquillità, serenità senza preoccuparti del domani. Avendo la sicurezza che saranno tanti i domani a sorprenderti ogni mattina con un’alba nuova. Contenta di doverti preoccupare di paure consentite e di non dover pensare a qualcosa che non c’è.
E sì, va tutto bene, benissimo.
Il problema si chiama ipocondria ed è difficile cancellarla.
L’ho solo ereditata da una brutta esperienza, la più brutta. E no, non imparerò mai a conviverci.
Ma sì, va tutto bene, benissimo. Basta tenere spento il cervello.
Trentanni. Anzi trentaquattro, tanto non se ne accorge nessuno.

Categories: My life, Pensieri e parole
Tags: ME, MY LIFE
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Commenti

  1. Serena
    Serena Author 2 Febbraio, 2015, 23:53

    Dici? Forse è un post che contiene un po’ di consapevolezza, quello sì

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  2. Serena
    Serena 2 Febbraio, 2015, 23:50

    7 anni di blogging e no, non ho mai detto quello che sto per dire: questo commento mi sembra così inutilmente fuori luogo ma anche così surreale da non meritare risposta e quindi vado in silenzio stampa 😀

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