Un oggi di sei anni fa visto con gli occhi del domani
Mi dicevano di leggere, fare le scale, scrivere, telefonare alle amiche, uscire, passeggiare, fare shopping.
Mi dicevano che non pensandoci sarebbe arrivato prima.
Mi dicevano che dovevo farmi venire la sindrome del nido anche se, in realtà, non sapevo bene cosa fosse.
Mi dicevano che, comunque, anche se ci avessi provato non ci sarei riuscita. Che ero un’incosciente.
Mi dicevano che facevo bene a provarci, stavo scegliendo il meglio.
Poi ci ho provato e sull’istinto ha vinto la paura.
Mi dicevano che è stato meglio così, che doveva andare così, che è stato meglio per tutti. Niente di personale eh.
Niente di personale?
No perché io l’ho proprio presa sul personale.
E quella sconfitta, quel non avercela fatta (ad avere quel tanto sperato VBAC), quell’aver combattuto e aver vinto solo una parte del premio, quel desiderio di rivalsa da dover riporre nuovamente nel cassetto (forse per sempre), quella nuova cicatrice, quel pianto non fatto, quelle lacrime che seccandosi hanno ricoperto di calcare un pezzo di cuore, quella visione sfocata, bruciano ancora come fosse successo ieri. E non sei anni fa.
E ci scherzo su ma non è ancora passata. Pensavo fosse passata e invece torna ogni anno, sempre la stessa stretta allo stomaco, sempre la stessa inadeguatezza che fa da involucro alla fragilità.
E la guardo, la annuso, conto uno a uno tutti gli “e se invece” con i quali ho imparato a convivere e penso che sì, va bene così.
E mento.
Perché va bene così ma io, lei, avevamo il diritto di non accontentarci di un distacco freddo, impersonale, senza tatto e senza dolore. Volevamo il nostro parto naturale.
Poi sorride, contiamo insieme gli anni che compirà a giorni, cantiamo filastrocche e io sorrido con lei.
E mi sorridono i muscoli di tutto il corpo, e gli alluci, e le orecchie e ogni cellula sorride. Sorridono di una felicità vera, pura, indescrivibile e incontenibile.
E anche se qualcuno dice che non importa la meta ma quello che provi durante la corsa penso che alla meta non abbia mai avuto qualcuno di così importante ad aspettarlo. Qualcuno con quel sorriso, con quegli occhi pieni di riflessi del buono che c’è in me, con il profumo di borotalco tra le pieghe del collo, con la forza di una formica ma capace di mettere in ginocchio un gigante solo con lo sguardo.
E anche se non è ancora passata, anche se brucia ancora, anche se il rumore dei ricordi è assordante, anche se ho fallito, anche se me lo immaginavo migliore, è stato il giorno in cui siamo sono diventata due volte mamma. Il giorno in cui al mio cuore è spuntato un terzo atrio con sottotetto mansardato per far spazio a quell’amore che, oggi, come ieri, sembra incontenibile e a tratti spaventosamente ingestibile da farti sentire sopraffatta.
Ma son cose mielose, da mamma. E io che sono bismamma sono doppiamente mielosa.
Buon compleanno piccola.