Preistoria, background e internet
Ogni volta che esco a fare shopping con mia nipote, mi sembra di andare dallo psicanalista.
Uno di quelli che ti fa stendere sulla chaise longue modello deluxe in pelle umana e in una sola seduta, ti fa snocciolare le ansie, le preoccupazioni e le manie di una vita.
Soprattutto quando lei mi guarda fissa, mi parla e digita robe sul cellulare: “mi stai facendo un ritratto?” “no, sto messaggiando con un’amica” “ma non puoi chiamarla?” “ma che sei matta? Zia, noi non ci chiamiamo mai. Ma che vergogna!”.
E mi vengono quelle crisi esistenziali per cui penso: ma davvero amo questa tecnologia che trasporta le persone in due mondi paralleli e non le fa mai incontrare se non per fare un bump con i due cellulari e scambiarsi le foto?
Perché io penso di essere ancora molto adolescente dentro, forse pure troppo.
Penso che quei 18 anni di differenza tra me e lei non sono altro che uno spazio rosa fra le parole on e line.
Però in quei 18 anni di cose ne son successe e a me piaceva anche che succedessero.
Ho vissuto un’adolescenza bellissima con persone gagliarde accanto. Soprattutto la mia migliore amica. Passavamo pomeriggi al telefono o facevamo la telecronaca di Mai dire gol. Che Mai dire gol era di sera e dopo le 6 c’era la teleselezione; un po’ chiamavo io un po’ lei, per dividerci dolori e punizioni che sarebbero state addebitate sulla bolletta della Sip. Sì, la Sip. O forse era già Telecom. Non me lo ricordo.
Però ci telefonavamo, ci vedevamo, parlavamo e – anche se noi abitavamo a tre isolati di distanza – ci mandavamo le lettere scritte a mano con i brillantini e le penne colorate. E il profumo spruzzato sopra. Le conservo ancora e quel profumo porta con sé talmente tanti ricordi che si mescolano con sorrisi e batticuori.
E c’erano le sere in cui non potevo uscire e lui mi chiamava dalla cabina telefonica e consumava un paio di schede per volta. E anche quelle, son tutte conservate e tenute insieme da un elastico.
Ed è inevitabile che io pensi a First e a Second e a cosa un perderanno. Quel contatto che la tecnologia toglie. Ti fa sentire onnipotente, come se potessi parlare con Obama così come lo fai con la signora Maria che stende i panni al balcone di fronte al tuo, come se non ci fossero distanze, come se tutti fossero a portata di click. Ma nessuno è a portata di cuore. Forse per noi che abbiamo vissuto le relazioni fatte di contatto e parole e le abbiamo trasportate nel web sì, ma i nostri figli?
On line ci lavoro, ci vivo, ci condivido la mia vita e adoro fare tutto questo. Ma c’è anche un mondo fuori fatto di persone, sentimenti, emozioni e tatto. Non quello di un dito che scorre su uno schermo ma quello di una mano che ne incontra un’altra o di labbra che sfiorano guance.
E questo lo sapevo già ed è banale, ma finché non ho visto quelli che oggi sono adolescenti, messaggiare anche se son seduti accanto sull’autobus o scambiarsi mille sms in tre giorni (vi giuro!) ho pensato che non fosse realmente così. E invece.
Ci tengo a insegnare a First e Second che internet non è il male ma è il futuro e che il cellulare è solo un mezzo per veicolare pensieri o per lavorare. Ma sono altri mezzi per comunicare, non gli unici.
Solo che come si fa a fargli capire che non sostituiscono – e mai potranno farlo, spero – i rapporti umani. Che una telefonata è meglio di un sms e che un ciao detto a voce vale molto più di un tvttttttttb. Non tutto può passare attraverso una frase scritta, servono i toni, gli accenti e le parole pronunciate in diverso modo a seconda della situazione. Servono gli abbracci.
Se poi io sono lì a rispondere in continuazione alle mail sul cellulare digitando lettere compulsivamente, è tutto più complicato.
Come faccio a spiegare loro che ho dei limiti grazie al mio background da adolescente senza cellulare e senza internet?
Spero di farcela. Così anche loro a trent’anni forse si ritroveranno a sorridere davanti a una montagna di lettere e smemoranda condivise e imbrattate.
Hai proprio ragione e come mamma di due nativi digitali anche io ho le tue stesse paure forse proprio perché noi non abbiamo vissuto un adolescenza così e non sappiamo come affrontarla. Finchè sono piccoli e gli dai l’orario di connessione è facile ma quando saranno grandi…
ciao.. ti leggo da un po’ di tempo ma non ho mai commentato. Oggi ti voglio scrivere solo per dirti che anch’io ho 2 bimbi e mi ritrovo molto in quello che scrivi, ho preso anche il tuo libro e l’ho letto d’un fiato. Alcuni episodi mi hanno fatto venire la pelle d’oca, il racconto del “dolore” che hai provato quando sei stata “costretta” a fare un cesareo è uguale a quello che potrei farti io con la differenza che io ho dovuto fare 3 cesarei ma di bimbi ne ho solo due ma questa è un’altra storia. Comunque volevo solo dirti che ti seguo anch’io. Un abbraccio.
Grazie Mara.
Credo che tu abbia perfettamente ragione, anche io sono un’amante della tecnologia ma tanto quanto i rapporti umani mentre trovo che gli adolescenti che passano ore a chattare su fb e messaggiare col cellulare siano inquietanti
“Inquietanti”? Credo si stia un po’ esagerando…
Sai Bis, non sono d’accordo. A First e Second, come a tua nipote, non manchera’ nulla. Per loro questo e’ il modo di comunicare, e non lo reputo anaffettivo (ma onnipotente si’, hai ragione). Sbagliamo noi a leggere il loro mondo con i nostri filtri. E’ diverso, semplicemente, ma non meglio ne’ peggio.
Non dico che sia anaffettivo, loro esprimono l’affetto in questo modo ma lo trovo lontano dalla condivisione del contatto diretto che avevamo noi con le nostre amiche. Forse hai ragione e sbaglio a fare i confronti, ma è difficile non farlo e non pensarci.
Purtroppo temo che ci sarà sempre meno questa possibilità e che molti adulti contribuiscano poco all’adulto di domani. Subito a mettere in mano ai figli la tecnologia e poi mica puoi pretendere che apprezzi ciò che ne è fuori al 100%.
Anche io scrivevo lettere, mi facevo linciare per la bolletta o per le ricariche bruciate…
Oggi solo sms o pc. Che triste. Con tutto che io adoro tutto ciò ma nche preferisco corrispondere a mano e vedere le persone.
Spero di far capire al piccolo che è meglio vivere che stare dietro ad un pc
Qui la distanza con i nipoti è troppo grande, più simile è quella dei cugini, ma bastano appena 10 anni di differenza ed il racconto che una volta si andava in discoteca la domenica pomeriggio, per farti guardare a punto interrogativo, come se avessero capito male la frase e avessero paura di chiedere spiegazioni.
Anche fra me e mia nipote passano poco più di 18 anni. Mi sono ritrovata così tanto in questo post! Devo dire che io non sono una patita delle telefonate… in cima alla lista metto gli incontri in carne ed ossa, le chiacchere davanti al caffè. Nonostante ciò, sono una grafomane compulsiva…
Tuttavia, arrivo alle tue stesse conclusioni e mi pongo la stessa domanda. Speriamo di farcela!.