Comunicatori di domani

Avete presenti quelle cose che quando sei piccolo odi fare ma quando diventi grande poi, vorresti ringraziare i tuoi genitori per avertele fatte fare a tutti i costi?

“Telefona tu, che così impari a fare pubbliche relazioni.”
Questa cosa delle pubbliche relazioni era una fissa di mio papà. Lui conosce un sacco di persone e con tutte ha sempre quel rapporto che oscilla tra l’amichevole e il rispettoso. Fa otto milioni di telefonate al giorno e parla con altre e tante persone.
E no, lo so che lo state pensando ma non lavora in un call center.
Quando ero piccola, questo suo vedere gente, dire cose, mi affascinava un sacco e lui prendeva la palla al balzo e diceva “a rapportarsi bene con le persone si impara da piccolini”, che sembra quasi uno slogan da tv.
Mi faceva fare alcune telefonate, compatibili con la mia età di allora. Tipo anche solo chiamare il dentista, ecco. Io mi vergognavo come una che ha la voce dell’orso Yoghi e la mettono a cantare l’opera sul palco del San Carlo di Napoli. Avrei preferito sotterrarmi. Però siccome se mio papà mi diceva di fare qualcosa io lo facevo senza troppe proteste, telefonavo. Una volta, me lo ricordo ancora, feci per lui una telefonata di lavoro. Avrò avuto dodici anni, più o meno, e la mia paura più grande era quella di sbagliare un congiuntivo.
Poi il congiuntivo non l’ho sbagliato, ma è stato come se quella telefonata mi avesse dato un badge d’ingresso nel mondo delle pubbliche relazioni da adulti. Non so, mi son sentita libera di parlare con chiunque senza dover provare imbarazzo.
Dopo un po’, quello che per me era naturale (parlare al telefono con estranei) per alcuni dei miei amici era fantascienza. Ho avuto anche il mio periodo di perculatio che ignoravo con eleganza.
Anche ora che c’ho una certa, diciamo che ho molta meno difficoltà a rapportarmi con le persone, scrivere mail per proporre cose, telefonare, rispetto ad altre mie amiche che temono un no o che, semplicemente, si vergognano anche solo di chiamare il portiere del palazzo. È imbarazzante.
Ora, cerco di insegnare ai bambini che la comunicazione è fondamentale e non importa chi dice a chi, importano le cose che si hanno da dire. Soprattutto a Francesco che comincia ad avere l’età giusta anche per fare qualche discorso con le maestre o con le mamme dei suoi amici.
Tipo che ad esempio se ha bisogno di qualcosa, gli faccio fare direttamente le telefonate a casa degli amici e chiedere di farsi passare chi vuole lui.
Telefonata tipo:
“Buonasera signora, sono Francy, mi passa F. per favore?”
“Si, certo.”
“F. ti sto aspettando, vieni a giocare a casa mia no? Sto aspettando. Ciao!”
Nessuna replica prevista.

Ecco, probabilmente il concetto che non importa chi parla con chi non l’ha recepito in maniera chiara.
Devo ancora lavorarci su.
Stiamo crescendo i comunicatori di domani, abbiamo una bella responsabilità. Ma ce la possiamo fare.

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Commenti

  1. Bimbografie di Beatrice Alvino
    Bimbografie di Beatrice Alvino 16 Novembre, 2012, 00:29

    Mio figlio per ora è fermo a “bau miaaa boooo nenne”
    Dici che posso già cominciare a delegare a lui qualche telefonata? LOL

    Ottimo post, me ne ricorderò a tempo debito!

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  2. Elena - WorldWideMom
    Elena - WorldWideMom 14 Novembre, 2012, 09:39

    Cavoli mi hai aperto un mondo.
    Nel senso che io ancora adesso mi vergogno come una matta a chiamare..il dentista!
    Vabbè che è anche un problema di lingua ma penso che tu abbia ragione e tuo padre sia un grande.
    Cavoli non ci avevo mai pensato di cominciare ad insegnare anche ai miei figli a chiamare e saper comunicare in modo cordiale.

    Grazie!

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  3. ali e radici
    ali e radici 13 Novembre, 2012, 13:26

    Mia madre ha fatto con me la stessa cosa che ha fatto tuo padre …. Quanto la odiavo allora e quanto la ringrazio adesso!!!! Ricordo che mi diceva : saluta, presentati e chiedi…. Più di no non ti possono dire!!! Ora faccio la segretaria, il telefono è mio compagno di lavoro! È SERVITO L’INSEGNAMENTO DI MAMMA!!!!
    Complimenti a te e buon lavoro

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  4. silvia - amoricolpisello
    silvia - amoricolpisello 13 Novembre, 2012, 09:54

    Quanto hai ragione! Io sarei sul timido e ne ho sempre sofferto. Per questo cerco anch’io di spingere i miei figli a buttarsi. Domenica, per esempio, in piazza c’era una bancarella che distribuiva palloncini. Francesco ne voleva uno ed io gli ho detto: Vai e chiedi per favore se te lo danno. Lo ha fatto ed è tornato vittorioso col suo pallonicino. Sono stata davvero orgogliosa di lui!

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  5. Moonlitgirl
    Moonlitgirl 13 Novembre, 2012, 08:10

    Mio figlio a volte si vergogna, a volte no…..però diciamo che quando vuole raggiungere un obiettivo non si vergogna mai!!!!!

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  6. sorairo
    sorairo 13 Novembre, 2012, 00:09

    Bellissima sta cosa! Io sono sempre stat timidissima benchè spesso dovessi fare telefonate. Poi essermi trovata a fare lavori proprio TANTO a contatto col pubblico mi ha parecchio sbloccata. Quindi appoggio questa linea “dei comunicatori di domani” Della serie…”E falla sta telefonata!”

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  7. Anonymous
    Anonymous 12 Novembre, 2012, 20:17

    Ma quanto mi piace come racconti la tua vita? Tantissimo!

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  8. ero Lucy
    ero Lucy 12 Novembre, 2012, 16:45

    Sono sempre stata una che odiava fare telefonate come quelle che descrivi. Ho passato l’adolescenza ad urlare addosso ai miei piuttosto che relazionarmi, seppure via cavo, con qualche altro adulto. Eppure a ventiboh anni sono andata a lavorare in un call center per tirare su die lire e quel lavoro li’ mi ha decisamente sbloccata dal punto di vista delle capacita’ relazionali.

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    • Bismama
      Bismama 12 Novembre, 2012, 18:22

      Si però diciamo che hai avuto la tua occasione per sbloccarti. Se non l’avessi avuta sarebbe stato più difficoltoso?

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    • ero Lucy
      ero Lucy 12 Novembre, 2012, 20:34

      Forse me la sono cercata! 🙂 O forse sarebbe accaduto comunque entrando nel mondo del lavoro, chissa’.

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  9. Biancume
    Biancume 12 Novembre, 2012, 15:57

    io sono uguale a mammachetesta, odio chiedere perchè ho sempre paura di disturbare, posso unirmi all’allenamento per la faccia tosta? La prossima volta che devo fare una telefonata e mi faccio mille paranoie ti twitto ad invogliarmi? 😉

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  10. Mammachetesta
    Mammachetesta 12 Novembre, 2012, 14:50

    Non so assolutamente chi sia una di quelle amiche di cui parli!!!! 😀
    Io mi vergogno anche di come respiro, figurati!
    C’è però da dire che una volta partita non mi fermo più e tiro fuori la peggio faccia di tolla che si sia mai vista.
    Che poi non è paura di parlare in pubblico…figurati! Faccio formazione della bellezza di 12 anni e se al tuo primo corso ti fai stringere la mano da dei betonieristi bergamaschi che ti dicono “Complimenti signorina, lei sì che si fa capire”…beh, forse un po’ di stoffa ce l’hai.
    E’ la paura di disturbare che non mi fa mai avanzare proposte. Io sono stata cresciuta così: sbilanciata fra il “non disturbare gli altri che parli troppo” (è vero, parlo un sacco) e “Fai amicizia dai fai amicizia!”. E’ stato destabilizzante davvero e ancora ne porto i segni.
    Poi essere presa per i…fondelli da piccola perchè eri troppo alta e troppo scura e troppo pelosa non aiuta.
    Ma rimane sempre lì quel sottile “e se do’ fastidio?” che ti avvelena un po’ la vita.

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    • Bismama
      Bismama 12 Novembre, 2012, 18:21

      Non tu, fidati. Parlo davvero di donne che non chiamano la pediatra perché hanno vergogna. Limite sottilissimo tra normalità e patologia.

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  11. Flavia
    Flavia 12 Novembre, 2012, 14:28

    questo post mi commuove. no, non i primi passi, il dentino, il primo giorno di scuola, i primi distacchi, le cose per cui le mamme NORMALI si commuovono. QUESTO. l’allenamento alla faccia tosta.
    mi ricorda di quando 1. a 24 anni sono arrivata in ufficio prima di tutti, alle 8.30, per fare una telefonata a un collega all’estero, perché avevo una vergogna matta di far sentire il mio inglese in open space. resta inteso che subito dopo ho iniziato a scrivere e a parlare inglese ogni giorno in quella gabbia di matti, e quindi non l’ho fatto mai più 2. 15 anni dopo, ho incoraggiato il cucciolo a presentarsi alla bambina dell’ombrellone accanto per chiederle di giocare con lei. Voleva assolutamente che glielo chiedessi io, ma sono stata irremovibile. ha insistito per un quarto d’ora in modo estenuante, e io niente. Si è convinto quando gli ho detto che ormai era grande, perché quel giorno compiva ben 4 anni. Punto sull’orgoglio è andato….e da allora non è più tornato indietro :))))) devo dire che anche accompagnare mia mamma al mercato è stato un discreto torture test dell’infanzia.

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