Il summer sharing
In spiaggia ogni giorno è come essere in una puntata di SuperQuark. Sembra che gli elementi strani li incontri tutti io.
Spesso mi sento una calamita per i casi umani. Più spesso ancora mi domando: “ma non è che anche io sono un caso umano e quindi mi avvicinano perché mi riconoscono come se avessi la tessera del club?”.
È una cosa inquietante quanto le zeppe sotto al costume da bagno o la mutanda bianca indossata da chi vorrebbe ma gnafa.
Poi però ti imbatti anche in cose belle, cose nuove. Cose che nell’era in cui tendenzialmente comunichiamo di più attraverso uno schermo di un pc o di uno smartphone, avvicinano le persone.
Lo scorso anno ho scoperto quello che si tuffava e grazie allo scoglio che tirava la panza in dentro non s’è sfracellato, o anche la simil top model che inciampa nella piazzetta del paese nel momento in cui se lasci cadere uno spillo dall’alto, sei certo che non toccherà terra.
Quest’anno ho scoperto il summer sharing. Con i social network e il web 3.0, sembra che la parola d’ordine sia condividere. Parole, immagini, suoni, stati d’animo o anche solo incazzature.
Il mood dello share buca lo schermo e va in vacanza.
Ho scoperto gruppi di amici, famiglie numerose che condividono l’ombrellone, affittano lo stesso pedalò anziché prenderne due e praticano il bike e car sharing. Organizzano tutto con mesi d’anticipo. Per risparmiare, pensavo. Sarà il riflesso della crisi.
Poi, ascoltando, ho capito che è il piacere di condividere il tempo insieme che spinge il pulsante del risparmio economico e non il contrario.
La voglia di sorridere insieme, forse come una volta facevano quelle megafamiglie che andavano al mare in modalità ricchi ricchissimi praticamente in mutande con la casa abusiva prefabbricata sul tetto dell’auto e pronta per essere montata in spiaggia.
Ho ascoltato i discorsi dei vicini di ombrellone, dell’organizzazione delle serate in base al car sharing, delle passeggiate con il bike sharing e della condivisione degli spazi nella casa affittata per le vacanze. Si respirava serenità.
E questo mi piace.
Einstein diceva che da una profonda crisi nascono cose profondamente belle. Questa mi sembra possa essere una delle cose belle di cui parlava.
Interessante!!!condividere con gli amici una vacanza e’ una esperienza bellissima…peccato che quest’anno non ci siamo riusciti, anche perché non hanno nani dell’età del nostro.
Mi associo ad un commento sotto per quanto riguarda l’inglese…ho dovuto aspettare mezzo post per capire cosa intendevo e non vedo perché non si possano dire le stesse cose in italiano, e’ meno di moda?
Che poi l’aggettivo “meno” o “poco” che sia, non e’ sempre sinonimo di “peggio”.
Io attiro gente strana tanto che nei primi tempi di frequentazione anche il mio compagno ha iniziato a farsi delle domande!
Riguardo alla seconda parte, che dire, i periodi migliori se ci pensi sono proprio quelli dopo le grandi crisi o le grandi guerre.. toccare il fondo ogni tanto fa bene!
il summer sharing, i social network, lo smartphone, il bike o car sharing, il mood dello share.
Condividere le cose non è una novità, e trovo che sia una cosa positiva. Oltre a risparmiare si impara anche a rispettare gli altri.
Ma ancora una volta quello che non mi piace è l’uso esagerato dell’inglese, a mio parere inutile.
Io non voglio usare il car sharing, io voglio una macchina condivisa.
non conosco il mood dello share, ma percepisco una tendenza/moda/predisposizione alla condivisione.
non mi interessa il summer sharing, meglio la condivisione estiva.
Scusa se se vado fuori tema rispetto al post, ma mi è venuto spontaneo pensare queste cose mentre leggevo. L’italiano è una lingua bella e più ricca rispetto all’inglese. Usiamola. Possibilmente bene.
Potenzialmente..ma qui da noi non è ancora cosi scontato! Intanti si aiuta il CAV con l’inutilizzato che può servire a famiglie in difficoltà…
e per me lo scambio libri…