Il ruggito della mamma tigre
Ho letto quel titolo. Si è accesa una spia: ALERT.
Ho evitato di leggere informazioni, recensioni e dettagli.
Ho nascosto la testa sotto la sabbia tentando di fare lo struzzo.
Di nascondermi a me stessa. Di non guardarmi allo specchio e riconoscere i miei occhi in quelli della tigre.
La tigre, incarnazione di forza e di potenza, infonde paura e rispetto.
Ho deciso che, quella tigre, sarebbe rimasta ancora in gabbia. La gabbia di qualche anno fa.
Ora che qualcosa solleticava la serratura, però, quanto ci sarebbe rimasta?
Ho visto i suoi movimenti sinuosi davanti ai miei occhi. Il suo sguardo fermare il mio, in segno di sfida. Ho sentito il suo alito attraversare i denti a sciabola e leccarmi il cuore. Il suo ruggito che mi faceva vibrare lo spirito.
Senza troppi sforzi è fuggita dalla sua prigione: rompendo le sbarre e sconvolgendo gli equilibri, fino a quel momento raggiunti a fatica.
Lei è nata nel momento in cui mi son sentita mamma. Nel momento in cui ho sentito davvero la responsabilità che le mie scelte hanno, riguardo alla vita di altre persone.
È cresciuta con me alimentandosi di vittorie e complimenti. Ha sotterrato i fallimenti e continuato a lavorare costruendo ambizioni. Guardando oltre quello che gli altri vedevano. Guardando solo in direzione di obbiettivi invisibili.
Osservare i genitori americani, sempre pronti a tessere le lodi dei figli quando riescono nelle cose più semplici come fare uno scarabocchio o agitare un bastoncino, ha rafforzato in me la convinzione che, rispetto alla controparte occidentale, i genitori cinesi nutrano per i figli aspettative di gran lunga più alte, e abbiano per loro una maggiore considerazione, intesa come conoscenza delle loro capacità.
Poi, presa dalla stanchezza, dal bismammismo, dalla leggerezza e dall’egoismo ho soffocato quel ruggito.
In fondo, è più facile dire “si” che costruire un muro solido fatto di regole.
Adesso, è tornata. Più incazzata di prima. Con più forza e più determinazione mi morde lo stomaco e mi stringe la gola. A volte usa la mia coscienza per affilarsi le unghie e mi sussurra quello che dovrei ma che non faccio.
E continuo a ondeggiare tra i dovrei e i non posso.
Ho paura di non saperla più gestire. Ora, i principi della tigre, vanno applicati a due nani, non più solo a uno. Questo significa più forza, più pazienza, più inventiva ma anche più lavoro.
La tigre è capace di amare profondamente, ma con troppa intensità. È anche molto territoriale e possessiva. Spesso la solitudine è il prezzo che deve pagare per la propria posizione di autorità.
E così rinchiudo la paura del fallimento in uno sgabuzzino e mi lascio cullare dal perfezionismo.
La tigre mi abbraccia e mi sorregge.
Sogno, ambisco, disegno il futuro per me e per loro. Perché forse il fatto di assecondare le loro inclinazioni è una gran stronzata. Perché forse, solo io – presuntuoso, si! – so cosa è meglio per loro.
Il modello genitoriale cinese è un po’ debole quando si tratta di fallimento: semplicemente non lo contempla, punto e basta.
Non mi annullo, ma incastro la mia vita e la loro in un tetris quotidiano.
Li ascolto, ma decido.
Li coccolo, ma li sgrido.
Agisco, senza chiedere.
Poi si versano un bicchiere di vino o vanno a lezione di yoga, mentre io me ne resto a casa a gridare e farmi odiare dalle mie figlie.
E la paura che poi tutto sarà vano si affaccia spesso e mi guarda da lontano. Ha paura della tigre, però. Perciò non si avvicina.
Ed è dura.
A volte i miei sogni si mescolano ai loro. A volte quello che è meglio sembra il peggio e il contrario.
Altre volte penso che sia la testardaggine della tigre a farmi andare avanti (la mia occasionale tendenza all’inconcludenza, quando si tratta di me, ne è la prova).
Spesso mi sento chiedere “Amy, scusa se te lo domando, ma perché fai tutto questo, per le tue figlie o per te stessa?” Con queste ultime parole pronunciate a testa inclinata, con l’immancabile tono d’intesa. Tipica domanda occidentale, dal mio punto di vista, perché nella concezione cinese un figlio è un’estensione di sé. Ciò non significa che non la ritenga importante.
Alcuni giorni mi guardo allo specchio attentamente.
Da vicino, ho proprio gli occhi a mandorla.
Paola nemmeno a me piacciono le etichette nè tantomeno mi specchio in un modello genitoriale. Il fatto è che io sono sempre stata così. Sono nata così e questo status lo avevo sotterrato sotto cumuli di scuse.
Ora, leggere questo libro, ha solo fatto tornare a galla quei comportamenti che sono “miei” e mi appartengono. Io appartengo a quella tigre ormai… da sempre.
Non lo so, non mi sento una tigre ma nemmeno una chioccia.
Non mi piacciono nemmeno molto queste definizioni cosî precise per un ruolo che è davvero impossibile definire.
Io vado ad istinto. Cerco di indirizzare mio figlio dandogli le regole che ritengo giuste ma, soprattutto, cerco di dargli TUTTO l’ amore che posso.
Perchè secondo me – e questa è la mia personalissima opinione – è di amore che han bisogno i bambini. E anche noi.
(e l’ amore si dà anche attraverso le regole, eh? Ma anche con grandi enormi abbracci)
Paola
Io invece non penso che i bimbi debbano dimostrare talento: il talento è innato ma va coltivato da subito. Con tanto lavoro e tanti sorrisi.
Anche io ringhio.
Ma non mi piaccio poi molto.
Pretendo tanto da Belvetta. Speso penso di pretendere troppo.
Cerco di compensare facendole capire che la amo tanto, ma le MIE (e sottolineo MIE) ansie da prestazione di madre le sto ribaltando su di lei e devo cercare di contenermi.
Penso che i bimbi siano bimbi, che vadano incanalati ma fatti crescere in libertà con il senso della responsabilità per il proprio lavoro. Non con troppo fiato sul collo.
Certo se Belvetta dimostrerà talento cercherò di farglielo incanalare, ma ho molta paura di me. Quindi cercherò di far star buona la tigre.
Non vorrei che me la sbranasse.
Ecco…mi tocca leggere il libro.
@Gloria: si esatto: molto più faticoso ma molto più solido. Ok, possono esprimere la propria personalità ma se ad esempio hanno una personalità confusa e non sanno casa e come fare le proprie scelte, io ho il dovere di farle per loro e portarle avanti. Anche se è faticoso, si!
@anonimo: telegrafico ma grazie 😀
@supermamma: purtroppo (purtroppo!) il libro ha solo risvegliato quella tigre che per tanti motivi avevo messo in gabbia; lo ero prima, poi dopo la seconda gravidanza mi sono cullata nell’autocommiserazione, per poco, e ora il libro mi ha ridato quella carica che dormiva. La tigre è fuggita!!!
io invece sono proprio una mamma chioccia italiana di figli maschi, le mie amiche già mi prendono in giro dicendo che sarò una suocera terribbile! comunque anche io ho letto il libro e aldilà di ogni previsione mi è piaciuto molto ma ciò non farà certo di me una tigre, un bacione ai poveri cuccioli di tigre 🙂
http://www.blogfamily.it/il-ruggito-della-mamma-tigre
Chapeau. Bellerrimo post.
è come il dilemma del meglio un uovom oggi o l gallina domani…con l’unica incombenza che a decidere sei tu…e alla fine forse la tigre fa un pò meglio dell’agnello…
A braccio: yin e yang, ambivalenza, crescita, definizione di se’ x definire la propria linea educativa, forza della Madre. Ma più che parlare di tigri parlerei di lupi (hai presente donne che corrono coinlupi?): forti ma dolci, determinati ma coccolosi.
In ogni caso rimane la ‘selvaticita’ dell’essere Madri, quelle che sanno dove indirizzare. Qualcosa di molto forte. E molto distante da certo consumismo da centro commerciale. Certo molto più faticoso ma molto più solido. Ecco io questo lo vorrei insegnare a mia figlia.
tesoro, il mio segno zodiacale cinese è la tigre… e ti ho detto tutto!
baciotti